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 Che cosa sono le nanotecnologie?

"Le nanotecnologie appartengono a quel mondo che conosciamo poco, ma con cui abbiamo sempre a che fare"

  Come nascono le nanotecnologie?

Il termine "nanotecnologia" nasce nel 1974 all'Università di Tokyo: esso indica l'arte di manipolare la materia su scala atomica. I materiali prodotti con queste nanotecnologie devono essere strutturati in modo particolare, ben progettato e non casuale. A differenza della chimica pura, la nanotecnologia è l’applicazione pratica delle conoscenze di base: non tratta solo di molecole o atomi, ma si occupa della manipolazione fisica di tali strutture. Quindi, per poter definire un’apparecchiatura "nanotecnologica" essa deve poter lavorare su dimensioni spaziali tra 1 e 100nm. Quando manipoliamo gli atomi, vigono le leggi della meccanica quantistica, mentre le leggi della meccanica classica che conosciamo sono compiute dagli atomi stessi.

 

  Quanto è "piccolo" il piccolo?

Per comprendere quanto siano realmente piccole le dimensioni di cui andremo a parlare, spieghiamo bene che cosa sia il numero di Avogadro. Avogadro capì che i volumi dei gas a temperatura e pressione costante sono uguali, quindi, in una data sostanza, c'è un numero fisso di molecole e atomi. Il valore che fu poi scoperto è di 6,022 x 10^23 particelle: questo è il numero di molecole contenute in una singola mole di acqua, cioè in 18g, circa un cucchiaino.

Immaginando che un cucchiaino contiene quindi 602.213.670.000.000.000.000.000 (seicentomila miliardi di miliardi) di molecole, allora gli atomi non devono essere piccoli, ma ancora più piccoli di quanto noi possiamo pensare.

Per poter quantificare questo numero ci conviene riferirci a delle potenze di 10, considerando che l’uomo, base di partenza, è nell’ordine del 10^0. I confini dell’universo arrivano a circa 10^25m, ovvero un miliardo di anni luce: un numero di passi equivalenti al numero di Avogadro ci potrebbe quindi portare quasi ai limiti dell’universo. Attuando invece il processo inverso, possiamo scendere rapidamente alle cellule (10^-6), entrare nel nucleo e vedere i cromosomi (10^-7), fino a esplorare il DNA (10^-8): continuando a scendere troveremo molecole composte da atomi (10^-10), ma si può scendere ancora di più fino a 1 Fermi, ovvero vedere i componenti di un atomo (protoni, elettroni, neutroni), questa misura equivale a 10^-15m.

  Ma se esistessero aggregati di materiale così piccolo?

Molti scienziati si chiesero se il numero di molecole avesse non solo a che fare con le proprietà fisiche e chimiche della sostanza, ma anche meccaniche. Il termine inglese per indicare aggregati piccolissimi di atomi è “cluster”, i quali non hanno sufficiente “materia” per appartenere né allo stato solido né a quello liquido, ma ne hanno troppa per lo stato atomico. La prima domanda che si posero gli scienziati fu quindi: "Quanti atomi sono necessari per passare da un cluster a un solido (o liquido)?".

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Nel 1924, il fisico Louis de Broglie, nella sua teoria, attribuì una doppia natura all’elettrone, affermando che esso non si comporta solo come una normale particella, bensì anche come un’onda. Secondo gli studi del fisico, la lunghezza d’onda assunta dall’elettrone è data da λ = h/mv: m (massa), v (velocità), h (costante di Planck: 6,6x10^-34 Joule x secondo). A livello macroscopico la scoperta del fisico è del tutto irrilevante, poiché l’onda studiata arriverebbe nelle migliori ipotesi a una lunghezza di 10^-30m, perciò inosservabile, ma, negli atomi, all’elettrone, che ha una massa minuscola (10^-30kg) e la sua velocità è pari a circa 6x10^5m/s, corrisponde una lunghezza d’onda di circa 10^-9m, ovvero 1nm, la lunghezza d’onda dei raggi X. Schrodinger prese poi in considerazione l’ipotesi di De Broglie e sviluppò la sua teoria. È importante specificare che il nanomondo segue leggi naturali molto diverse da quelle che conosciamo noi. Non tutti i cluster evolvono con la stessa quantità atomica verso uno degli stati della materia ben precisa: le loro proprietà sono molto simili a quelle degli atomi, in quanto a stabilità del nucleo, mentre la scarsa attitudine a reagire è causata dal particolare numero di elettroni. Il mondo dei cluster, non rispecchia le leggi della fisica classica, così le loro proprietà possono essere spiegate solo con la teoria quantistica della materia: quest'ultima si basa su un’equazione (di Schrodinger) che descrive moto ed energia di una particella, come l’elettrone, con l’utilizzo di una funzione d’onda, la quale è la base di tutta la meccanica quantistica.

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